sabato 14 maggio 2011

Lettera aperta dell'On. Menia agli ex AN

Pubblico con piacere la lettera aperta che proprio oggi l'on. Roberto Menia, che ci ha pregiato della sua presenza proprio mercoledì scorso in occasione della presentazione dei candidati di Futuro e Liberta per l'Italia veronesi, ha pubblcato sul suo sito istituzionale. Essa è pregna di considerazioni e riflessioni che purtroppo sono lo specchio dell'attuale Italia e che un vero uomo di destra deve riconoscere e porvi rimedio.
Buona lettura
Piermario Tasso flipianuraveronese@gmail.com

Cari amici,
in queste ultime settimane, più e più volte, mi è capitato di leggere o sentire da lontano gli echi delle vostre voci: a dir vostro sarei un traditore, avrei lasciato la casa comune della destra, sarei andato a sinistra… Sapete, meglio di me, che non è così. Sono io a chiedere a voi come, intimamente, vi sentiate. Abbiamo condiviso anni e anni della nostra vita affermando valori in cui credere e su cui costruire il futuro nostro e dei nostri figli. E’ questa l’Italia che avevamo sognato? E’ questa la destra per cui abbiamo lottato fin da ragazzini?
Io mi rispondo di no. Mi vergogno dell’Italia che sto consegnando a mia figlia. Destra è onore, è orgoglio, dignità ed unità nazionale, è etica pubblica e privata, è merito, è rispetto delle istituzioni, è legalità e
 regole uguali per tutti. E, se collego ognuna di queste definizioni all’Italia di oggi, noto che stridono terribilmente con ciò che è nella realtà del tramonto berlusconiano. Dov’è l’orgoglio nazionale? Dov’e la dignità nazionale? Nel baciamano di Berlusconi a Gheddafi? Nell’imbarazzante balletto sulla Libia, per cui l’Italia è stata esclusa dal tavolo a quattro Obama, Sarkozy, Cameron, Merkel? Che posto ha l’Unità Nazionale nella scala dei valori se è consentito ai ministri della Lega di non votare la festa dei 150 anni dell’Unità d’Italia? Dov’è l’onore, dov’è l’etica che dovrebbe far capo a chi rappresenta la Nazione nel mondo e ne guida il governo? Nelle pressioni alle questure per la presunta nipote di Mubarak? Nelle elargizioni milionarie alle ragazze dell’Olgettina? E la meritocrazia, è per caso nell’elezione in lista bloccata di Nicole Minetti, amministratrice del residence delle stesse? E il merito dei nuovi membri di governo, uno dei quali dice di non conoscere minimamente la materia di cui dovrà trattare, è forse quello di aver barattato la sopravvivenza di Berlusconi con la poltrona di ministro o sottosegretario? Dov’è il rispetto delle Istituzioni? Ve n’è forse traccia nelle sguaiate grida del premier, un giorno contro il Presidente della Repubblica, l’altro contro il Presidente della Camera, poi contro la Corte Costituzionale “comunista”, poi ancora contro la Magistratura definita “cancro” e le procure “brigatiste”?
Dov’è il rispetto delle regole e della legge “uguale per tutti”, se ogni norma che riguarda la giustizia viene ritagliata su misura delle esigenze processuali del Presidente del Consiglio? Che ne pensate della prescrizione breve, alla faccia della sicurezza e dell’ordine? Io so solo che, personalmente, non me la sentivo di fare finta di non vedere e di non capire… Chiedo, retoricamente, a voi quale sia la strada del civile dissenso da un modo di essere e di far politica che non mi rappresenta.
Io mi sono risposto lasciando l’incarico di governo (non succede molto spesso e non c’è proprio tornaconto personale in una scelta del genere) e tornando a ricostruire con Fini – con il quale voi, come me, siete stati per una vita – un partito che sia testimone di una certa idea dell’Italia e di Trieste in quell’Italia. So che è difficile, ma so anche che ne vale la pena. Mi piace, in proposito, citare Kipling che scrisse al figlio “sarai uomo quando in un colpo solo sai rischiare quanto hai avuto dalla vita e perderlo per poi ricominciare la tua partita”. Non vi chiedo di condividere la stessa scelta, anche se ricordo come ognuno di voi, un tempo, proclamasse con fierezza di essere “diverso” rispetto ad altri modi di essere e di vedere la destra.
E questo vale anche e tantopiù a Trieste, dove un certo mondo è la quintessenza dell’immobilismo e della mera gestione di potere. A voi, che mi dite o mandate a dire “meglio la Lega che Fli”, chiedo cosa resta delle nostre battaglie sull’italianità. Era tutto solo retorica? Io credo di no.
Continuo a credere, e noi di Fli continuiamo a credere, nel patriottismo, nel valore dei simboli, nella bandiera e nel legame tra le generazioni che costituisce, con la lingua e lo spirito, il collante vero dell’Unità Nazionale. Ho l’orgoglio di avere legato il mio nome alla legge che ha istituito il Giorno del Ricordo, dedicato a Trieste e all’Istria, a genti e memorie che hanno trasmesso italianità e sacrificio. Io ho un’idea di Trieste, di modernità nella tradizione, fortemente legata alla sua identità italiana, interprete di un progetto nazionale nella nuova realtà europea.
Credo in un’italianità che include e che è nella storia e nella tradizione della destra di cui, consentitemi, abbiamo almeno lo stesso diritto di rivendicare continuità storica e culturale.
Roberto Menia

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